NASSERYA SEDICI ANNI DOPO (la mia testimonianza)

Perché siamo andati in Iraq, era proprio necessario parteciparvi e che cosa dovevamo fare lì, che vantaggi potevano ottenere gli interessi italiani con il contributo di persone, mezzi e materiali  a spese del contribuente, la strage di Nasserya avrebbe potuta essere evitata. 




Presso la sede della Brigata bersaglieri "Garibaldi", prima unità ad essere attivata conoscemmo  il nome in codice dato alla missione, quello di  Antica Babilonia, peackeeping.  Ci dissero che dovevamo in pratica contribuire  a ristabilire la pace dov'era passata la guerra contribuendo alla ricostruzione delle Istituzioni, quale Forze Armate terrestri ed il  tessuto socioeconomico. Ci furono dati  cenni storici e culturali sulla regione  fummo edotti su storia e tradizioni Mussulmane  Sunnite e Sciite.  Mi recai  a Pisa, viaggiando con la mia autovettura Fiat Stilo (°), a causa dell'impossibilità del mio comando brigata dell'Artiglieria Contraerea a fornirmi un automezzo di servizio. La parcheggiai in una delle due caserme del Reggimento logistico della "Folgore", grazie alla gentile intercessione di un mio collega di corso che comandava l'Unità. Il mio armamento consisteva solamente nella pistola Beretta 92 FS e dotazione d'arma, con tre caricatori. L'estate dl 2003 è stata la più calda tra tutte le altre da almeno cinquant'anni, superata forse in alcuni giorni da quella del 2017. C'erano pù di 60gradi  quando arrivai , alle ore 12,00 locali, presso l'aeroporto di Bassora, dov'era stato costituito il Comando della Divisione Inglese nella quale doveva essere inquadrata la "Garibaldi in procinto di essere immessa in aerea di missione.  Il viaggio era durato quasi ventiquattro anziché le previste cinque ore  , poiché  la rotta  fu  cambiata verosimilmente per  un divieto da parte della Turchia a sorvolare  il proprio territorio.  Così passando per   il corno d'Africa  facemmo sosta   per appena  due ore    ad Abu Dhabi, viaggiando  in   C130, seduti sulle panche ed a ridosso di due Veicoli Tattici , il sottoscritto ed altri  due ufficiali , colonnelli dei quali non rammento adesso il nome, uno dell'Esercito,  Arma trasmissioni,  l'altro dell'Aeronautica. Quest'ultimo me lo ricordo particolarmente perché sembrava avesse una scorta di panini tanto che ne tirava fuori ogni tanto qualcuno sbocconcellandolo alla faccia mia ed del collega che avevamo nello stomaco una indefinibile cena nella precedente sosta di Abhu Dhabi.  Li lasciammo  a Baghdad." dove scaricammo anche  i veicoli prima che raggiungessi, come unico passeggero, la mia destinazione. Lì sarei stato impiegato con  i compiti di  ufficiale di collegamento per la Logistica a favore del Contingente Italiano pro missione. Di lì a qualche giorno con i mezzi tattici fu scaricato il comando avanzato con a capo il vicecomandante della "Garibaldi", destinato nei pressi di Nasserya in una località definita tatticamente poi White Horse. Qualche giorno dopo  mi resi conto che la mia presenza era superflua nell'ambito operativo e la conferma fu che il Comando Britannico consigliò, per modo di dire,  che in considerazione delle mia funzione sarei stato più d'utilità presso la loro brigata logistica di stanza  a UmQuasr  a circa 60 chilometri  da lì.  Una scelta tattica e logica ma fu dura fargliela comprendere a Roma al COI. Ma l'intervento del generale Borrini, vicecomandante della "Garibaldi" fu decisivo e così con un collega britannico ed altri due ufficiali  fui trasferito in mezzo alle zanzare ed acquitrini della base logistica britannica la quale si era appena dislocata ed a sua volta si stava organizzando in una vecchia base della Marina  irachena.  Ma le mie peripezie non terminarono lì, poichè subito dopo i Britannici ,  che avrebbero dovuto supportarci nell'afflusso, comunicarono che le loro Unità nel medesimo periodo avevano il rimpiazzo delle loro due Brigate e la Logistica sarebbe stata impossibilitata ad aderire entrambe le esigenze. Così suppongo, previo comunicazioni  tra di loro si accordarono con le unità Statunitensi affinché gestissero loro il Nostro arrivo in Area di operazioni. Altra telefonata con il satellitare inglese al Generale Borrini avvertendolo della mia nuova dislocazione sulla quale il COI, esprimeva perplessità , ancora una volta.. Nonostante ciò con una loro unità di coordinamento mi trasferirono nella base USA di Arif Jan, praticamente una delle basi della loro macchina  Logistica,  in Kuwait,  a circa 50 km dal confine iracheno. Qualche giorno dopo fui contattato dall'addetto militare dell'ambasciata italiana e dotato di una scheda telefonica di Vodafone del Kuwait mediante la quale riuscivo tramite Dife trasmissioni  Italia  a comunicare con Nasserya con il mio Nokia (°). Sempre tramite l'ambasciata fui dotato  di un SUV Mitsubishi con il quale cominciai a correre per porti, aeroporti e aeree di condizionamento per coordinare l'arrivo, lo sbarco ed il coordinamento dei movimenti verso l'area d'operazioni facendo base in quella americana. Quasi 27 mila chilometri dormendo al massimo due ore per notte in circa trenta giorni , quanti furono quelli che intercorsero tra la prima aliquota della Garibaldi fino all'ultimo uomo dopodiché in un viaggio rocambolesco ed a seguito di una colonna dell'esercito e polizia Rumena in concorso alla brigata italiana, raggiunsi i miei connazionali  che nel frattempo si stavano organizzando. Intanto arrivò il nucleo forieri di alloggiamento dei Carabinieri che agivano in piena autonomia  con l'obiettivo di insediarsi in città a Nasserya. Due settimane a White horse  e nemmeno lì sembrava dovessi fare base poichè decisero di trovarmi un posto come liason officer presso il Governatorato di Bassora a seguito di un Diplomatico, l'ambasciatore Mario Maiolini, vice governatore dell'Autorità provvisoria, politica,  della provincia di DHI QAR , con a capo un Britannico. Nello staff  c'erano militari, politici ed esperti di settore  perlopiù Britannici ed Americani ai quali qualche settimana dopo si aggiunsero un gruppo di esperti  Statunitensi i  quali  come i vicesceriffo del far west , erano stati arruolati come ufficiali dell'esercito USA, per l'occasione.  Con questi ultimi feci ripetuti viaggi al CIMIC Italiano installato  in accantonamento  in città poco distante dal palazzo municipale dove nel frattempo  si era sistemata l'Unità di proiezione dei Carabinieri. Una delle preoccupazioni dei colleghi Americani presso la base della Brigata in Kuwait era il nostro supporto Sanitario che fino un mese dopo il completamento della Garibaldi era quasi totalmente disimpegnato da una loro Screening Station. Eppure ci avevano detto che eravamo peacekeeping, ovviamente la mia è una battuta, in effetti dovevamo essere subito dotai di un ospedale da campo però si attese qualche settimana perché questo avvenisse. Fortunatamente perché appena la morsa del caldo cominciò a diminuire passando dai 60 ai 40 circa all'ombra ecco che cominciarono gli attentati con vittime tra Soldati Statunitensi e Britannici. Fu così che anche noi alzammo il livello di guardia ed io stesso fui dotato  dI SR  70/90  con il quale mi autoscortavo e facevo sicurezza  nei viaggi , in auto, perlopiù dell'esercito di Sua Maestà, sulla strada che lungo il deserto correva da Bassora a Baghdad guidando e scortando il reconstruction team.Fui interessato e coordinai il trasferimento di un milione di dollari in biglietti da cinque dall'Unità Britannica  allocata presso il real Palace di Bassora alla banca dell'Agricoltura  di Nasserya. La somma  era quella che il governo Americano attraverso agricoltural pilar team, presieduto dal Governatorato, nel quale postavo servizio, aveva stanziato per la provincia di DHY QAR. Serviva indispensabilmente per comperare il foraggio delle bestie affamate da tempo, data l'impraticabilità dei campi causate dal versamento di petrolio che copiosamente sgorgava dalle pipe line  degli oleodotti  sabotati nella ritirata irachena. Altro che pace, sono stato tra gli assediati, nel governatorato, senza possibilità di rifornimenti per due settimane con viveri inglesi razionati. Infatti per giorni  una folla inferocita dalla sete e dalla fame si  presentava con minacce di sfondare la porta ed assaltarci, ho partecipato alla difesa ed assistito impotente all'agonia di un giovane filippino delle guardie giurate di Sua Maestà. Il poveretto era stato  dilaniato nella giugulare da un colpo d'arma da fuoco sparatogli da un cecchino insinuatosi tra i contestatori. Sono andato per senso di cameratismo e senza autorizzazione del mio Comando  alla celebrazione funebre di  una pattuglia Britannica fatta segno dai cecchini in un imboscata, tra di essi un ufficiale britannico ed una dottoressa del servizio sanitario che si erano appena uniti in matrimonio. Ero così tutt'uno con i Britannici che i miei mi soprannominarono venduto agli inglesi, oggi ci scherzo ma nessuno  mi toglie dalla mente che forse volevano che fossi la prima vittima  della missione. Questa per quanto abbia cercato di sintetizzare è la mia testimonianza nella quale come potete leggere ho parlato della prima parte della Missione della quale domani si celebra con tristezza la strage di Nasserya. Ma a quelle risposte che inizialmente sono state formulate , a nessuna di esse potrebbe rispondere un militare di qualsiasi ordine, grado e rango. Ai militari spetta solamente il compito di rappresentare se capacità, possibilità e fattibilità sono in aderenza con la missione alla quale si chiede loro di compiere. In virtù del fatto che l'obbedienza è tutt'altro che cieca e né assoluta  ma comporta il senso di responsabilità che a seconda del livello risale proporzionalmente in base ai compiti e funzioni di ciascun soldato.  Ciononostante anche i militari sono esseri umani e come  cittadini possono avere delle proprie opinioni. Quando queste siano difformi dall'ordine  ricevuto ne possono chiedere ragione ma una volta che la missione  è avviata  la loro Istituzione li obbliga a  compierla costi quello che costi pena il reato d'insubordinazione o peggio. La strage di Nasserya oggigiorno, a posteriori, forse inevitabilmente sarebbe potuta accadere ugualmente poichè le regole d'ingaggio, erogate inizialmente  ne hanno avuto la complicità. Probabilmente quella troupe cinematografica non sarebbe stata inviata o quanto meno fatta accedere con diversità di temperamenti. Circoscrivendo solamente ai militari l'eventuale numero delle vittime probabilmente l'evento avrebbe avuto un altro impatto sull'opinione pubblica. Oggi invece  siamo basiti  che dopo essere stato  scagionato penalmente, venga  attribuito, civilmente,  al Generale Bruno Stano l'onere di risarcire gli uni e gli altri,  quale ragione se nel primo si tratta di vittime del dovere e nell'altro una manifesta consapevolezza del rischio.Tra l'altro nelle prime avrebbe potuto esserci anche lui in quanto comandante pro tempore.   Ed il caso vuole che a due giorni dall'anniversario cinque nostri militari siano stati colpiti dallo scoppio di un ordigno led. proprio in Iraq. E qui chi vorremmo che pagasse quel poveretto al quale hanno amputato la gamba e quello che rimarrà senza dita dei piedi.




























r.d.

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(°)Personalmente con il mio personale computer , un Acer comperato a Caserta   ed il mio Nokia che conservo come un reperto d'antichità . 



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