|
una carriera con un copricapo ed un cappello |
|
per evitare di far torto a qualcuno |
Il tutto ebbe inizio nella tarda primavera del 1974 poco dopo la nascita del mio primo figlio,Andrea. Un conoscente della famiglia della mia prima moglie era impiegato presso la casa del Presidente della Repubblica. C’eravamo visti e trascorso qualche ora insieme durante il soggiorno a Ostia, in uno di questi incontri gli avevo confidato che mi sarebbe piaciuto vivere a Udine, raccogliendo un desiderio della consorte, al termine del corso di aggiornamento dopo aver vinto il concorso per ufficiale in servizio permanente. E fu così che qualche giorno dopo invitati ad esprimere le preferenze in tre delle sedi tra quelle elencate su di una lista, ovviamente scelsi in priorità Udine. La goccia che sembrò scatenare il finimondo quando, qualche giorno dopo fui chiamato per reprimenda e provvedimenti disciplinari. Il motivo perchè facevo pervenire delle premure sulla scelta delle destinazioni e d prova del misfatto mi fu mostrata una lettera con la quale mi sponsorizzava, si direbbe oggi, a firma del capomilitare della casa della Presidenza dell’allora con tanto di protocollo. Sprofondare per la vergogna sarebbe dir poco sicuramente qualcuno aveva agito a fin di bene ma il risultato ottenuto era stato e fu esattamente il contrario. La mia prima assegnazione fu Gemona del Friuli, dove arrivai il 20 di Agosto del 1974, all’Autoreparto Julia, poi 207° come quello impiegato nelle seconda guerra mondiale in Russia. Era una delle due tra le sedi per Truppe alpine, nell’altra a Belluno ci andò Carletto, con fidanzata in Cadore, ufficiale d’accademia del corso al quale il nostro era accodato. A Udine ci mandarono Giulio, collega il quale oltre che essere tra i primi quattro del corso sembrava ammanicato con qualche papavero tra quelli che dirigevano le Scuole all’epoca. Per me pugliese e uomo di Murge, all’epoca mi sembrò veramente una beffa, oltretutto Andrea aveva otto mesi e reduce da un ittero neonatale avevamo parecchi dubbi gli facesse bene un aria come quella di Gemona. Infatti fu così che parcheggiai figlio e moglie presso i suoi familiari di Oderzo, dov’era il pediatra che lo aveva curato dalla nascita. Vi rimasero fino a qualche mese dopo il mio arrivo, quando in attesa che mi assegnassero un alloggio, ci sistemammo presso presso una casa della famiglia Venchiarutti, proprio sopra la gioielleria. Ai primi freddi dell’autunno entrammo finalmente nell’alloggio in via Liruti dove vi rimanemmo fino a quella tragica sera del 6 Maggio del 1976. Il figlio si salvò per un ritardo nel metterlo nella culla che era stata coperta da calcinacci, mentre io, assente per servizio con un drappello di alpini ero a Bolzano. All’ IVECO ,arrivando prima della chiusura pomeridiana riuscimmo a ritirare ventuno autocarri per tutta la brigata che parcheggiammo nella caserma Uber per rientrare in sede il mattino successivo. Le scosse si sentirono anche a Bolzano dove la popolazione scese in strada ed io con loro dato che ero stato invitato a cena da un vecchio collega, Antonio, sua moglie Marinella e famiglia. Il presentimento che in Friuli fosse accaduto l’inaspettato diede la stura ad una mia i iniziativa quella di rientrare con tutti i ragazzi friulani, con il bus con il quale avevo trasportato il personale fin lì. Alla guida posi un abruzzese , lasciai quattro dei suoi corregionali in caserma a sorveglianza dei mezzi e con i due carabinieri di scorta, all’incirca le due di notte ci mettemmo in viaggio alla volta di Udine Gemona. Quello che trovammo è noto a tutti, per circa un anno svernammo nella caserma Bevilacqua, a Udine. L’anno successivo ritornammo a Gemona Noi del 2° Reparto Logistico leggero, distaccamento del btg Logistico Julia e la Cp genio Pionieri. Mia moglie di Gemona non volle più saperne nemmeno quando ci offrirono una casa del tipo a schiera con un mutuo ed interessi quasi a zero, né quando da capitano comandai la neocostituita compagnia Trasporti a Gemona. Abitammo a Codroipo come sfollati poi con la gestione Zamberletti, ci concess degli alloggi nuovi, a Udine in via del pioppo. Fu un miraggio ed un inganno contemporaneamente, perdemmo un sacco di tempo nella speranza ci offrissero di comprare l’appartamento a prezzo politico, invano. Nel frattempo fui trasferito da Udine a Basiliano, poi rientrai ad Udine per finire a fare il pendolare da Udine a Vacile di Spilimbergo, nuova sede del battaglione logistico finalmente riunito, fino al 1993. La mia carriera, segnata ormai da diciannove anni ed un mese nelle Truppe Alpine, alla Julia, Brigata con un numero superiore di Unità rispetto alle altre Brigate e con altrettanti distaccamenti in parte dovuti alla ricostruzione post terremoto. Fui testimone e attore dei suoi alti e bassi occupandomi di logistica ed altro, ivi compresa le adunate , ultima quella di Bari. Con il sospetto talvolta fondato altre meno di essere il rimpiazzo o tappabuchi per qualcuno, di nulla preoccupato che ci fosse un altro Esercito, oltre quello in Friuli mentre il mio matrimonio naufragava. La nuova missione con destinazione a Rawalpindi in Pakistan come Osservatore Militare sul Kashmir , mise la ciliegina sulla torta. Io riserva sostituii quasi on call un collega dei bersaglieri che aveva chiesto il rimpatrio per motivi di salute. Vi rimasi un anno senza tornare in Italia primo degli ufficiali degli Autieri a ricoprire quel ruolo ed incarico aprendo una nuova strada a tutti i più giovani. A rimpiazzarmi furono mandati, infatti, due colleghi Vincenzo e Gaspare, il primo, brillante ufficiale d’accademia,Autiere, oggi Colonnello in servizio, l’altro, più anziano, mi sostituì come senior e capo contingente ma in una seconda missione fu ferito a morte in Afghanistan. All’epoca si chiamava ancora Corpo Automobilistico dell’Esercito oggi è l' Arma dei Trasporti e Materiali se vogliamo indirettamente anche per merito mio, quale pioniere di nuovi incarichi, un tempo riservati solo a quelli delle Varie Armi. E così il mio cappello d’alpino che per il gotha del Corpo Automobilistico doveva essere il segno di una mia debolezza, per me oggi è ancora un punto di forza perchè da una sconfitta iniziale ne ho tratto una scuola di vita. Esattamente metà della mia vita militare svolta sotto di esso che oggi come allora rimane una bandiera, un oggetto di rarità assoluta usato anche come regalo dopo qualche missione o incarico sul luogo dove avevo prestato servizio. Strumento per il compimento dei miei venti anni di lungo comando, ultimati a Bellinzago presso il già battaglione Logistico “Centauro”oggi reggimento logistico. Ma con la penna nel cuore gli alti e bassi mi hanno riproposto quel sospetto di essere il sostituto e rimpiazzo di qualche altro che prima di me aveva potuto rifiutare il posto che poi mi era stato dato , talvolta infiorato , altre comandato con ordine al quale ho sempre obbedito. Nonostante questo ho partecipato a qualche adunata ricevendone un’energia difficilmente spiegabile a parole, se pur incominciata da canti tristi, fatti di gesta e di morte o da quelli allegri per la gioia dello spirito e delle orecchie, intrisi di compostezza e ordine delle interminabili sfilate, nelle quali solitamente primeggia l’immediatezza dei messaggi che trasmettono. Senza togliere nulla a nessuno, per carità ma volendo fare un paragone tra un’adunata d’Autieri ed una d’Alpini, la prima dà l’impressione di essere un’élite, mentre l’altra è sopratutto un modo di essere. Ed allora voi al posto mio cosa fareste, delle due o partecipare ad entrambe oppure rimanerne fuori da spettatore per evitare di fare torto a qualcuno. Ci sto pensando.
Commenti