QUANDO IL CINEMA E' GALEOTTO
Quando il cinema è galeotto
Solitariamente, oggi, mi ritrovo a fare zapping davanti alla TV, e così riconosco in quelle scene Nuovo Cinema Paradiso. Mi ha sempre fatto fantasticare ma questa volta mi riporta a quando con le mie zie a Grumo o con un amico di famiglia, Onofrio, a Bari, andavo a cinema il sabato sera e la domenica pomeriggio. Stavolta il ricordo si tinge di rosa per quella mia vecchia fiamma, la figlia del capostazione della calabro lucana del mio paese natio. Il trasferimento a Bari dal paesello era stato così brusco almeno per me tanto che i miei , forse sentendosi in colpa, mi concedevano, nei giorni di festa a scuola, di tornarci per godere della compagnia delle mie zie e dei nonni. Appena lì correvo da lei della quale avevo preso una cotta e timidamente me l’ero tenuto per me. La sua era una famiglia che oggi con l’esperienza definirei eletta, libera ed affettivamente affiatata. Abitava in un appartamento di servizio sulla stazione al primo piano della medesima , composta, oltre che dalla madre da tre figlioli tra i quali Cristiana, l’ultima , coccolatissima da tutti così come lo è adesso la mia Eleonora. I suoi due fratelli maggiori che a quel tempo, frequentavano le scuole superiori avevano sempre un occhio sui libri e con l’altro sorvegliavano la sorella mentre giocavamo. Ero disposto a fare pazzie per lei come quel giorno di quando salii su di un treno, in manovra, sul piazzale della stazione per raggiungerla. I treni erano composti da carrozze tel tipo dei film western con i predellini in testa e coda dai lati dei terrazzini che permettevano la intercomunicazione. Ed io saltai proprio su uno di essi dal quale, aprendomi lo sportellino intercomunicante, andai sulla carrozza dove si trovare la mia adorata. Una bravata che mi costò un lavata di testa ed uno sguardo del capostazione che ricordai per un bel pezzo, sopratutto quando mi sovvenne che lui conosceva mio padre, ferroviere dello Stato ed io, a mia volta, le cinghiate sul deretano da mio genitore. In quanto al film di Tornatore qualche similitudine tra il sottoscritto ed il famoso regista e scenografo protagonista nel film ci potrebbe stare. Ad esempio quello di essere ritornati nella propria terra natia in tristi circostanze lui per il funerale di quell’operatore cinematografico al quale doveva riconoscenza per averlo spronato a seguire le proprie passioni mentre io, in visita a mia madre l’avevo poi assistita fino alla sua morte in una specie di moto riparatorio per quel rapporto di amore odio che era sempre intercorso tra di noi. Fu un periodo interminabile, dalle frequenze con velocità altalenanti ma stressante per le diatribe in famiglia alle quali dovetti badare. Alla fine del quale e ben oltre il funerale di mia madre rimasi con l'amaro in bocca e la freddezza di relazione, tutt’ora, con mio fratello e la sua famiglia. Come avrei potuto curare i rapporti con le persone che tanta importanza avevano avuto nella mia educazione sentimentale come Cristiana. Oggi improvvisamente tutta questa parte della mia vita riaffiora con la voglia di essere narrata quasi a vincere quella paura di averla tenuta dentro per tanto tempo. E così quella scena nella quale demoliscono con la dinamite il vecchio cinematografo pericolante, mi riporta a quando, durante una delle ultime visite a Grumo ho scoperto quel muro tirato su di fronte alla mia casa natia. Messo a riparo e sostegno anticrollo al perimetrale del vecchio convento di monache, adibito, quand’ero bambino, a ricovero per gli anziani, ha avuto l’effetto di un divisorio che separava la mia mente tra il passato ed il presente. Con Cristiana ci siamo ritrovati da poco più di un anno su di un social network ed io, romanticamente in ritardo le ho confidato quello che non le avevo mai detto, senza che sortisse alcun effetto, se non qualche sporadico like . La sua pagina è priva di fotografia al posto della quale la donna esibisce un muso di gatta. Mentre i titoli di coda accompagnati dalla musica del grande Ennio Morricone annunciano la fine del film, penso al rimpianto per le parole dette tardivamente ed al rimorso di essere stato lontano dalla mia terra natia per tanto tempo.
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