QUANDO MENO TE L’ASPETTI 2

La morte improvvisa di un giovane calciatore, la commemorazione in campo al 13mo minuto di una partita (*), il numero della maglia del capitano della Fiorentina,  Davide Astori.  E così il pensiero corre lontano fino al rapimento del  Presidente Aldo Moro. L’uomo che il Papa, Paolo VI(**), in San Giovanni in Laterano, celebrando i suoi funerali,  definì mite, saggio, amico ed innocente. Qualche giorno fà quelle  del Cardinale e Vescovo di Firenze in suffragio di Davide risuonate come una domanda  senza risposta quasi identicamente a quelle del compianto Papa Montini. Entrambi rivolgono al Dio al quale hanno e stanno dedicando la loro vita il perché malgrado a questi riti la loro carriera dovrebbe averli abituati.  Una fredda morte per il giovane atleta in una stanza d’albergo, isolatamente e senza nessuno che potesse aiutarlo o soccorrerlo, al pari di quella dello statista, ucciso freddamente con una  sventagliata di mitra e fatto ritrovare in quello sporco bagagliaio di una Renault rossa(***).  In quanto alle loro famiglie,  la prima con un bimbo che ricorderà suo padre solamente dalle fotografie che gli mostrerà sua madre. L’altra esempio di cristianità, civiltà e tolleranza,  attorniata da un popolo di studenti, colleghi docenti e da tutto un Paese che attentamente ed attonitamente aveva seguito le ricerche dell’illustre rapito sin dalla strage della  sua scorta. La ridondanza della folla di Santa Croce e di quella  all’interno ed intorno alla Basilica di San Giovanni in Laterano possono eguagliarsi per moltitudine. Persino i comunisti, un tempo acerrimi avversari di partito,  capeggiati dall’allora segretario Enrico Berlinguer, dimenticarono di essere agnosticamente indifferenti alla  religione e si unirono, in chiesa, alle  esequie, con le  altre autorità della Repubblica.E poi la gente nei volti della quale  si leggeva la commozione  mista allo stupore, accalcatisi sin dalle ore  precedenti  le esequie in rispettoso silenzio.  Per il calciatore sfidando una fredda giornata di marzo così come quarant’anni prima una ventosa romana, di un 13  di maggio, per il Politico Pugliese. Moltitudini di grandi e piccini, anziani e giovani di entrambi i sessi. gente comune  dove le bandiere, sia quelle delle squadre di calcio quanto quelle di partiti,  per Moro, hanno fatto e fecero da corollario alla mestizia  intorno ai familiari dei cari estinti. Entrambi alla vigilia di un giorno che avrebbero e si sarebbe dovuto ricordare per tutta la vita.  Il calciatore in procinto di firmare il contratto per l’ingaggio di tutta una vita professionale alla società.  Il politico della Democrazia Cristiana, vincendo le resistenze all’interno del suo partito stava per proporre una sinergia governative con il partito comunista,  in una specie di compromesso denominato Storico. Ma che c’entra vi chiederete questo confronto. Forse il mistero della morte improvvisa o per mano armata ,  quella che ha fatto mancare ad entrambi il sogno nel quale credevano ed intanto la mente elabora una  riflessione. Ed è quella affacciatasi dopo aver  passato in rassegna i volti dei politici,  perdenti o vincenti di queste ultime elezioni. Mi sono chiesto, infatti,  a quale tra tutti loro, il popolo riserverebbe platealmente manifestazioni d’affetto, aldisopra delle beghe e chiacchiere  di partito  o divisioni di club e squadre, come quelle espresse a ciascuno dei due nel giorno del loro distacco finale.  Un testimonianza che suggellerebbe il loro impegno a favore della Nazione, da Patriota, una parola fuori moda a meno di sostituirla  per alcuni con un’altra, spregevolmente, solo per l’uguaglianza delle ultime tre lettere. Ma l’interrogativo fin’ora stenta ad avere un seguito e forse aspetterà molto tempo prima che abbia una risposta che possa definirsi tale.
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