I bambini di Peshawar


Un deserto se non ci fossero state le abitazioni, così come la zona del mercato con la serrata delle botteghe. Questa l’atmosfera che si respirava in uno degli ultimi giorni del Ramadan, camminavo mentre l’auto presa a noleggio con conduttore mi seguiva a passo d’uomo aldilà del marciapiede senza che il guidatore mi perdesse di vista.  Ero andato per vedere il Khyber Pass, quello che immette dal Pakistan all’Afghanistan, ed invece mi ritrovai affascintao da questa città. La medesima descrittami da quel tenente colonnello del PA(*) il quale mi aveva raccontato di alcuni artigiani capaci di copiare alla perfezione un’arma o meccanismo pur con riserva che, in pratica, funzionasse come l’originale. Una scelta, la mia, la quale  non aveva tenuto conto del rispetto dell’astinenza  benchè l’ora dell’arrivo, al centro cittadino, corrispondesse al tramonto.  Malgrado il caldo, un brivido mi  corse lungo la schiena, ero in borghese, fuori servizio con la medesima sensazione di quel  fine dicembre nello SWAT a Khandar, l’adrenalina a mille per lo stress  di qualche imprevisto.  Ma ormai ero in gioco e bisognava accettare tutto, il pomeriggio del giorno seguente  sarei dovuto rientrare in missione di Osservatore Militare sul Kashmir.  Man mano che il sole si celava dietro le catene montuose ad occidente,  la città  ricominciava ad animarsi.    Concedendosi  la libertà di riprendere a consumare i pasti ed ogni altra cosa, compresa l’acqua da bere.  Privazioni alle quali non facevano eccezione i soldati delle guarnigioni, i conduttori dei fuoristrada che ci portavano fino all’inizio delle mulattiere da dove proseguivamo ai piedi per le investigazioni  alle violazioni del cessate il fuoco sul lato Pakistano. A detta di alcune fonti d’informazioni delle Organizzazioni ONU , quella era una regione del Paese nella quale era stata confermata la presenza di fondamentalisti filo Talebani. Un contrasto con l’ambiente della Guest House dove alloggiavo  tanto da sconsigliare le uscite serali agli uomini  ed ancor di più  alle donne   in qualunque modo fossero vestite. Ma la fine di una giornata di penitenza in un Paese Mussulmano non può essere raccontata in così poche righe, non sarebbe apprezzata, meglio, l’assistervi o viverla. Personalmente ho avuto  entrambe le opportunità,lì facevo la parte dello spettatore senza contare che il mio stomaco con  il suo languorino si faceva sentire invogliato dagli odori di fritto e d’arrosto che mano a mano si andavano diffondendo.  Eppure  tutto questo non sarebbe stato niente se il quadretto non avesse avuto come cornice il vociare dei bambini i quali, come fossero usciti da una prigione,  si rincorrevano e correvano a gruppi,   uscendo dalle  strade laterali,  gettandosi tra la gente che come me percorreva a piedi la  principale, quell’inizio serata di un giorno d’Agosto del 1994. Probabilmente tra di loro c’erano anche i genitori  di  qualcuno dei cento  ammazzati vilmente  dai ribelli  in nome di Allah, qualche giorno fà. Angioletti i quali non avranno più  la gioia di correre e rincorrersi come i loro padri  dopo   un giorno torrido passato in casa a pregare e  digiunare.  Quanta  tristezza e  dolore devono provare quei Genitori che sopavvivono ai loro figli, scomparsi a causa di una follia di massa. Eppure, con il senno di poi, queste atrocità non accadono mai per caso, talvolta  alcuni segni le preannunciano, essi solitamente non sfuggono all’expertise degli analisti.  Persino i cugini aldilà del Khyber si sono dissociati dalla strage.  Come padre, mi sento vicino a quei genitori  che piangono i loro  figlioli ed a loro  và ogni mio sentimento di soldarietà ed affetto. Che i bimbi si chiamino Mohammed, Loris , John, siano Pashtuni , di S.Croce Camerina o Australiani (**)non si toccano, essi rappresentano il nostro futuro, un dono del Signore. In quanto al Pakistan quel che allora mi faceva sorridere adesso mi impensierisce così come mi terrorrizza  oggi quello che ieri mi preoccupava. Fortunatamente ricordo  con affetto la famiglia di Anjum e quei compagni, i quali benchè di religione mussulmana, mi fecero compagnia, alleviandomi dal trascorrere in solitudine la vigilia di natale del 93, ma questa è un’altra storia. 
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(*)P A : Pakistan Army

(**)E’ odierna la notizia di 8 bambini uccisi in Australia


Commenti

Anonimo ha detto…
Il racconto di un uomo, anzi di un signore, dalla levatura morale di altri tempi.

Emmanuele Marchetti
Carissimo, Ti ringrazio spero che il Sihgnoe contraccambi elargendoti ogni energia necessaria a superare le difficoltà. Da parte mia ogni comprensione e considerazione per un amicizia che nonostante la lontananza è più vicina che mai.

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