TINIRSI DUR


Lo diceva il compianto Presidente della sezione Mario Candotti ogni qualvolta si congedava da una manifestazione.  Valse per tutti tranne per Lui quando un autoveicolo pose fine alla sua esistenza, investendolo mentre attraversava la strada. Sfileranno per ultimi e sono convinto che sarà questo l’incitamento che porranno sulla scritta prima che il cartello, annunciante la location della prossima, chiuda lo sfilamento della 87^ adunata Nazionale.  Un’ Associazione quella degli Alpini in congedo la quale  vanta più iscritti di tutte le altre. Un primato destinato ad appiattirsi a causa del depauperamento del popolo della montagna ed alla sospensione della coscrizione obbligatoria. Dalla vetta d’Italia alla Sicilia, eccettuata la Puglia, la quale ha pur una agguerita sezione in Bari, l’Italia è una nazione piena di monti oltre i seicento metri d’altitudine. Il Perrucchetti probabilmente non aveva in mente solo i valligiani delle Alpi ma nelle sue  intenzioni voleva un Corpo formato da  montanari d’estrazione per utlizzarne l’esperienza al servizio dell’Esercito e della Nazione. Oggigiorno questi intendimenti vengono fraintesi o tirati in ballo per rivendicazioni indipendentiste come quelle di un sondaggio via web. Chissà se gli stessi sentimenti si riscontrano nelle  sedi delle sezioni del Triveneto, sarebbe interessante conoscerne le opinioni nel merito. Nell’attesa, quest’anno e quelli a venire fino al 2018, si ripercorreranno  i fasti e nefasti della prima guerra mondiale, combattuta per congiungere  Trento e Trieste al regno d’Italia. Dove gli alpini hanno avuto un peso nello strappare al nemico cime di monti con il sacrificio delle loro vite  prima e  dopo Caporetto fino al proclama di Diaz. Perchè se la fanteria di linea è la regina delle battaglie, non da meno lo è la specialità alpina con l’artiglieria in montagna. Le medesime narrate da scrittori come Rigoni Stern per le gesta compiute nella  seconda guerra mondiale, rese celebri da canti come il ponte di Perati e Yoska Yoska. Pagine nere di Storia colorate di rosso sangue della miglior gioventù, nelle quali mancò la fortuna ma non il valore. La protezione civile ha spesso nel suo seno gruppi di alpini in congedo i quali sono stati i promotori di questo servizio sin dalle calamità del Vaiont e del Friuli. Non a caso, in occasione del terremoto in quella Regione, l’Associazione, gestì una parte dell’emergenza insieme ai fondi che gli StatiUniti non vollero affidar ad altri se non a Loro. Tra l’Esercito e l’Associazione così come con  le Forze dell’Ordine oggi riunite nel comparto Difesa e Sicurezza c’è una intesa  la quale potrà sicuramente perpetuarsi nel tempo. Qualcosa in attesa che, come ai vecchi tempi,  un comune nemico d’Europa paventi di invaderci  inducendoci a ripristinare il servizio di leva.  Oggi i giovani, quei volontari, meno  numerosi dei coscritti, sono tutti impegnati  con le missioni denominate eufemisticamente “di pace” e senza di loro non c’è futuro. Nè servono premi o cotillons per attirarli, ma solo esempi, sebbene sia dalla politica che dalle Istituzioni si lamenti la latitanza. Insomma cosa fare per non correre il rischio di gettare nell’oblio tutto questo e di più senza lasciare eredità alla generazioni future. Questa è la sfida con la quale l’Associazione  dovrà confrontarsi oggi e nel futuro facendo a meno  di giovani appena congedati. La medesima nella quale anche le Altre associazioni, meno popolari  dell’ANA, si drovranno cimentare. In quanto a me,  prestato come Autiere, per ben diciannove anni, dal grado di Sottotenente in servizio permanente fino a quello di tenente colonnello, ho servito gli Alpini nella brigata Olocausto. Questa era infatti la definizione data, nell’ambiente, alla Julia, poichè tra le quattro ( *)del Corpo d’Armata Alpino, era quella  alla quale venivano affidati i compiti più onerosi.  Ad onor del vero il suo organico era allargato ad alcune Unità in rinforzo, perlopiù reggimenti d’arresto,  rispetto alle altre, cosa la quale destava  invidia. Ma era perchè ci trovavamo a ridosso della Frontiera Orientale, quella che dovevano difendere da Arancione. Frenesia  che non escludeva dal gioco il battaglione logistico. Il quale, benchè diviso in quattro distaccamenti, sorto sulle ceneri del terremoto del Friuli(**) era l’ammortizzatore di tutte le attività. Ci vollero più di dieci anni prima che la prima ristrutturazione dell’Esercito  trovasse lo spazio per  riunirlo  nelle caserma  “ De Gasperi” di Vacile di Spilmbergo (***)chiudendone le sedi storiche di Stazione della Carnia, Basiliano e  Gemona del Friuli. Oggi  solo una lapide a ridosso di  alcuni capannoni adibiti ad appoggio per pannnelli fotovoltaici ricordano che lì ci sono stati Reparti della “Mameli “,”Ariete” e “ Julia”.  Eppure con Quest’ultima il Corpo d’Armata sperimentò le proiezioni fuori del territorio, dalle escursioni al primo impegno dell’Esercito nei “Vespri Siciliani” dopo la strage di Capaci. Al suo comando si sono alternati personaggi che hanno raggiunto gli apici  dell’Esercito e delle Istituzioni  come Gavazza, Federici, Boriero per citarne solo alcuni senza offendere Altri, parimenti bravi e famosi. A quei tempi  aveva una spina dorsale  composta da Sottufficiali  perlopiù autoctoni dalle potenzialità e capacità fuori del comune. La consapevolezza di queste doti erano tali da tracimare in atteggiamenti da prime donne e le doti di comandante dovevano arricchirsi di diplomazia piuttosto che di disciplina. Il  personale  di truppa, prima del  6 Maggio 1976,  era quasi tutto friulano poi fu di altre regioni d’Italia nel periodo post terremoto quando per cinque anni si concesse l’esenzione al servizio o, in sua vece, quello civile per i giovani, le famiglie dei quali erano state coinvolte dagli eventi sismici. Nella magggioranza  veneti ma  anche  emiliani e qualche toscano,  ai quali dettavo principalmente la regola  “primo non farsi del male”. Essi capivano le difficoltà in cui eravamo costretti ad operare e si comportavano di conseguenza. Nessuno è perfetto, e nemmeno  il sottoscritto lo era, concedevo  brevi permessi e, per i più meritevoli facevo  proposte di licenze premio non senza problemi con superiori e colleghi.  Fortunatamente tutto questo aveva un ritorno che serbo nel cuore con gratitudine  anche se non  è servito alla mia carriera di ufficiale.  Oggi con il servizio volontario si respira ben altra atmosfera per le motivazioni adeguate ai compiti da assolvere  nell’incertezza di riallacciare quel legame, il quale,  nel bene e nel male, ai tempi del servizio di leva e complementi, univa le Forze Armate al popolo. Ma il mio cappello d’Alpino è appeso ad un chiodo perchè nonostante l’esperienza Juliana, iniziai la seconda parte della mia vita militare comandando  per più di tre anni il Battaglione Logistico della brigata corazzata Centauro a Bellinzago Novarese. Del precedente periodo ricordo con gioia gli onori ricevuti dal Grupo  Alpini  di Maniago, sezione di Pordenone. Ad essa, e  nominalmente al suo Presidente, Giovanni Gasparet, conosciuto personalmente prima della sua nomina, dedico questa mia memoria. A loro tutti ed agli Alpini partecipanti, porgo ogni augurio fraterno per un’adunata speciale, attraverso la quale veci e bocia si fondano in un salutare patriottismo all’insegna della solidarietà e alpinità. Potrei unirmi a loro, il prossimo anno  a l’Aquila nel 2015, senza mettere limiti alla divina provvidenza.  Viva le Truppe Alpine, Viva gli Autieri, Viva l’Esercito, Viva l’Italia. “
riccardo diasparro
col. E.I.(tramat) ris.
vice presidente sez.ANAI Padova.
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Note
(*) la Taurinense faceva testo a parte perchè con il gruppo “Val Susa”  era proiettata negli scenari Internazionali, con esercitazioni in Norvegia.
(**) Data di costituzione 1 Maggio 1976
(***) a 30 km dal Comando Brigata, 100 dall’Unità più lontana in Friuli,  Tarvisio , oltre 400 dai Rgt.  in  l’Aquila e Teramo.

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