Viva la mamma


Ha novantasei primavere la mia eppure ragiona con molti di meno se quel difetto di acustica non gli imponesse un apparecchio. Il primo lo ha smarrito, inspiegabilmente , nonostante conservi una memoria da certosino. Per aiutarla a sceglierne un altro, l’ho rivista  in quella  casa dove ho trascorso una parte della mia  vita  fino alla decisione di fare il militare. Lasciai la stecca a mio fratello, il quale, poco più che adolescente, crescendo,  diventò lo scopo di papà e la gioia di mammà. I quali riversarono su di lui quelle speranze riposte su di me, finanziato ogni suo capriccio, curato  per via di un vizietto cardiaco sin dalla nascita, per il quale ha subito  due operazioni al cuore.  Ma gli evitò il servizio di leva aprendogli il mondo del lavoro, dopo un travagliato periodo scolastico impegnato a diventare un odontotecnico. Nel frattempo, io m’invaghivo  di una venetofriulana che sposavo, ancor oggi non me ne sò spiegare il perchè. Precursione dei tempi di quel film, ufficiale e gentiluomo, a soli ventitre anni di età, chissà. Uscendo dal sessant’otto ero stato allevato con severità, vestito senza  firma. Anzi perlopiù con abiti dismessi dai figli della zia d’America che ci arrivavano  pieni di gomme americane, rimanenze del piano Marshall. Fatto apposta per l’Italia, nel dopoguerra, malgrado avessimo il partito comunista, più popolare d’Europa in concorrenza  con quello Francese. Si sà la gratitudine non è di questo mondo e la mano destra non sappia quello che fà la sinistra, ovvero dai senza sperare di ricevere. I miei genitori, credenti e praticanti,  invece, riposero le loro speranza in mio fratello, quale bastone per la loro vecchiaia dato che mio padre si era anticipatamente dimesso da ferroviere. Ricavandone tutt’altro, perchè i figli devono seguire le loro inclinazioni, avere la possibilità anche  di sbagliare e mio fratello non fu da meno. Si sposò, mise su famiglia e contò per ogni sua esigenza sulle coccole dei genitori. Tra i quali, sopratutto la mamma se ne lamentava con me  nonostante la dignità di mio padre il quale, silenziosamente sopportava. Egli si rese conto forse, tardivamente, della sottovalutazione e cercò di pareggiare le attenzioni ad entrambi. Nel frattempo ero diventato padre di un bambino che oggi ha trentanove anni e dalle ultime notizie, vive ancora con sua madre. La mia, invece, commentava con mio fratello  quello che chiamava il mio abbandono della casa paterna creando tra noi un distacco durato fino a qualche anno fà. Quando un vis a vis sembrò chiarire una volta per tutte la diatriba che ci aveva divisi fin allora. Nel frattempo, il papà, inesorabilmete per colpa di un male,  mancò, Qualche anno dopo mi separai da mia  moglie dalla quale poi ho divorziato, compii varie missioni all’estero, transitando, poi, nel limbo dell’Esercito, in ausiliaria. Mia madre, imperturbabilmente,  persisteva nella fermezza di voler vivere da single sostenuta da una volontà degna di un paracadutista d’assalto. Rimase tale nonostante i nostri inviti affinchè scegliesse  di stare con uno di noi. Gli strappai una mezza promessa che se mi fossi riformato una famiglia sarebbe venuta a stare con me. Riuscitoci e ridiventato padre di una bimba, ventidue mesi orsono, non ha ceduto, sebbene mio fratello si sia trasferito, nel frattempo,  al nord con la famiglia, a causa delle delusioni sul lavoro in terra natia. La nostra mamma, intanto, si cimenta nelle problematiche del quotidiano incluse quelle di negarsi una continuità nell’assistenza. Spirito in libertà, ne glissa gli orari ricavandosi una nicchia infrasettimanale. E così che la sorprendo reduce da una caduta, fortunatamente senza conseguenze. Eccetto che dalla vistosità di un  ematoma al ginocchio della gamba destra. Per il quale colgo l’occasione di parlarne alla dottoressa di base ricevendone, di rimando, una reprimenda e l’ordine di sottoporla con urgenza ad una radiografia. Per la quale cerco, invano, prima nel privato per ripiegare poi sul pronto soccorso del Policlinico con riluttanza della genitrice. Rabbia e senso di impotenza  ancorpiù nell’apprender che l’evento si era verificato quindici giorni prima, costatomi due lacrime nell’accompagnare alla porta  il medico di base, in visita di controllo, prima che ripartissi per casa mia.  Chissà quale fosse il motivo per il quale nostra madre voleva tacerne.  Verosimilmente il  timore  che io e mio fratello cogliessimo al volo l’occasione  per imporle un’ assistenza  continuativa. Una caparbietà, strategicamente perpretata, la quale, probabilmente,  con determinatezza la conserva tutt'ora in gamba. E così che, permanendo  la  capacità di giudizio, non abbiamo altra scelta  se non quella di attenerci alle sue volontà. Augurandoci che il buon Dio le conceda lunga vita confermando la nomea di regina madre appiopatale dagli  amici più intimi. Come sua maestà difende a caro prezzo il suo status simbol con regalità dimostrando distacco nel comprendere le nostre ambascie ma difficilmente qualcuno la smuoverà dalla propria reggia.  Rammaricandomi per coloro i quali ne piangono l'assenza, malgrado i ritardi dei mezzi di trasporto per andarla a trovare, almeno io, personalmente, mi accontento della mia e che rimanga così.

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