Ai giovani, sul posto fisso e mobilità

In fondo, hanno ragione, spesso si predica bene razzolando male, riferito a noi delle generazioni diversamente giovani e di mentalità. Un genitore che ha lavorato in un posto fisso, con un trattamento di fine rapporto, alla pensione, travasa le medesime ansie e speranze ai propri figli. E così al Nord d’Italia si aspira al lavoro in fabbrica, mentre a Sud, per tradizioni che risalgono a Federico II di Svevia, si opta per la sistemazione statale. Chiediamoci piuttosto se l’Italia è pronta ad affrontare questa sfida, quali sono le condizioni da creare per il salto di forma mentis. Personalmente reputo ci sia un’impreparazione ad accettare il cambiamento come esigenza di mercato. L’incertezza è tra l’incapacità di un sistema ad adeguarsi e la conflittualità interiore di ciascuno sobillata dagli esempi del quotidiano. Ci si illude di diventare qualcuno prendendo spunto da stereotipi, tendendo alla loro emulazione senza tener conto di capacità, determinazione e professionalità, delle quali dotarsi nei percorsi per raggiungere la meta. Qualche tempo fà, fui informato di una statistica la quale, prendendo in esame venti persone, aveva accertato che solo tre di loro dichiaravano soddisfacimento nella propria occupazione. Mi venne in mente quando, viaggiando a bordo di mezzi urbani, al mattino, nelle grandi città, come Roma o Milano, incontravo volti apparentememte in stato di insoddisfazione. Esseri umani, i quali, aldilà della loro fisicità e psichicità apparivano condizionati da abitudini, usi, costumi, media e comunicazioni di massa. Provai ad immaginare, se non generalizzandoli, i conflitti che si celavano dietro quei diciasette ed ancora tra quelli in disoccupazione. Tutto questo e mi provocò una crisi di coscienza contestualmente alla compassione per loro, poiché all’epoca così come adesso sono tra coloro che godono di un posto fisso. Per comprendere meglio in questa seconda parte della mia vita ho frequentato corsi di formazione. Questi ultimi, congiunti a cultura vedica presso un centro studi(*)di filosofia classsica indiana mi confermarono quello che prima di allora erano solo delle impressioni. L’impatto fu tale che immaginai quanto mi avrebbe giovato se mi fossi accostato a quelle conoscenze prima o durante l’esercizio del mio mestiere di militare. Probabilmente, oltre a me stesso, avrei agevolato i rapporti con famiglia, colleghi e tutto il prossimo con il quale ero venuto a contatto. Essendo scampato al pericolo di morire scontento mi ritengo fortunato perchè esperienza significa conoscenza. La vicenda personale mi consente di proporre un’idea a chi ci governa o avrà compiti tali in futuro, quella di valorizzare i corsi di formazione. A cominciare dal termine della scuola dell’obbligo per i giovanissimi. Da ripetersi ogni qualvolta si voglia cambiare, passando da un lavoro all’altro. Lasciandosi guidare da esperti del settore e dando spazio all’introspezione di ciascuno affinchè si apprezzino le capacità separandole dalle limitazioni individuali. Le prime serviranno per essere incanalate positivamente cogliendo le opportunità che la vita ci presenta. La consapevolezza delle altre, invece, servirà ad evitare che le aspettative, rimanendo disattese, generino delusioni. Scongiurando, in parte il rischio, che queste ultime si trasformino a loro volta, in sentimenti di odio, invidia e gelosia. I medesimi che nell’animo degli esseri umani funzionano come bombe ad orologeria pronte ad esplodere a tempo, distruggendo il valore aggiunto, quello di aiutarsi come cittadini di un’unica Nazione. Nell’auspicare la realizzazione di tutto questo, forse il posto fisso diventerà un optional trasformando la mobilità in una routine, per buona pace dell'attuale Presidente del Consiglio dei Ministri. Quello che conta è che nonostante le raccomandazioni di alcuni tra noi genitori, lasceremo finalmente ai giovani la libertà di scegliere, tra studio o lavoro ma anche il diritto di sbagliare (Gandhi).Si perchè la scommessa stà nel vincere la paura sostituendola con il coraggio ma questa è un’altra storia. ______ (*)Centro Studi Baktivedanta, con il professor Marco Ferrini

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