Danzica Kabul porta d'Oriente

Danzica –Kabul, porta d’ Oriente

Il cerchio sulla seconda guerra mondiale si è chiuso ammettendo i torti sia da parte della Germania che della Russia facendo pubblica ammenda del trattato Molotov-Ribbentropp prodomo al secondo conflitto mondiale. L’attuale situazione economica dovrebbe indurre a sedersi intorno ad un tavolo per conferire maggior slancio alla solidarietà Europea. Gli Stati Uniti discendono da Marte, dio della guerra e l’Europa da Venere, dea dell’amore. Un detto per esprimere il modo di risolvere le controversie internazionali degli Uni e dell’Altra o forse una scusa per aggirare il problema della Difesa Europea. Contrastante con il “ Si Vis Pacem para bellum”, coniato quando si trascuravano costi d’esercizio e valore aggiunto della vita umana. L’EDA (Agenzia sulla Difesa Europea) ha posto in atto un piano di sviluppo aderente agli interrogativi del secolo. Malgrado questi appaiono sovrapposizioni di compiti e pianificazioni con l’Alleanza Atlantica (NATO). Visione attribuibile a quelle Nazioni Europee, tra le quali l’Italia, che devono far fronte a ruoli in forme diverse e analoghi nella sostanza. A Kabul si combatte per concentrare il terrorismo internazionale in un unico teatro operativo. Unendo a quello il proposito di contribuire alla ricostituzione delle condizioni socio-economiche in cornice di sicurezza per un Paese cerniera tra Medio ed Estremo Oriente. Ma un altro interrogativo attende la risposta del dopo elezioni. Quello di come e se, il vincitore, intende avvalersi dell’ISAF per debellare o neutralizzare gli insorti. Si poteva approfittare del voto per chiedere questa assunzione di responsabilità alla popolazione. Per monitorizzare il successo della missione dividere i sostenitori da altri, giustificarne gli sforzi o un “ exit strategy”. Forse questo era stato ipotizzato e per ragioni altrettanto valide non è stato attuato. Per il dismpegno, si comprende il timore di aprire un altro fronte. Infatti potrebbe aver luogo solo dopo che una Forza locale o esterna protegga la ritirata di quella in Campo. Non tutto è perduto se ad un accorta strategia militare si abbinasse una politica basata sui bisogni reali concordati con la tribalità locale coinvolgendola a collaborare. Soprattutto in tema di strutture ed infrastrutture sociali, agricole, industriali. Quelle per le quali l’ISAF e le Forze Locali devono produrre protezione e difesa dal loro progetto fino a regime completo. Obiettivi perseguibili con una tattica che non prescinde dalla padronanza del territorio e giustificherebbe il rinforzo del personale. Tra questi quello Europeo e l’Italiano. Se questa dovesse essere la domanda, qualunque sia la risposta ed il livello di formazione contestuale, si auspica che il Comando sia Europeo, in subordine a quello della Missione. A Quest’ultima, in cambio, si chieda una strategia coinvolgente la popolazione senza aspettare un’altra Danzica. Un paletto al compimento dell’End State ed all’inizio del disimpegno graduale. Esso segnerà l’alba di una nuova era per l’Afghanistan, per Noi, il lieto finale di un viaggio verso Oriente. Il quale concorrerebbe al processo di fusione, già maturo, tra culture e tradizioni. Il risultato potrebbe essere il meglio delle due a beneficio della Comunità Internazionale. Un utopia, come sarebbe sembrata tale, nel 1939, quella realizzata con le scuse alla Polonia, oggi. Sono le piccole cose che a volta fanno grandi altre e rendono tali anche gli esseri umani che si sacrificano per la loro realizzazione.

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