Riportiamoli a casa, Si o No.

In o Out , Afghanistan, con un Si o un No .

La missione in Afghanistan fu costituita dall’Organizzazione Atlantica, su mandato dell’ONU con una risoluzione(n. 1386 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2001). Da allora si è passati da un organico di 58300 a quasi 70000 effettivi. Impegna i contingenti di 15 Nazioni, alle quali, nel tempo si sono aggiunti nuclei e moduli di Altre. Il Nostro sforzo è di 2795 soldati (il sesto, numericamente dopo il Canada ) ai quali si aggiunge il rinforzo per le prossime consultazioni elettorali. Dal dicembre 2001, si sono avvicendati al Comando dell’Operazione 12 comandanti tra i quali un Italiano, come l’attuale Capo di Stato Maggiore del Comando Operativo. Secondo uno studio di “Care International”, pubblicato nell'estate 2003, in Kosovo c'era un soldato delle forze di pace ogni 48 abitanti, a Timor Est uno ogni 86, mentre in Afghanistan il rapporto è solamente di uno ogni 5.380 abitanti, dato aggiornabile ma sempre esiguo al confronto, malgrado l’aumento numerico dei contingenti. Le perdite del Nostro, sono 14 dal 2004, numero nella media, se paragonato a quelle degli Altri, per quantità di vittime e feriti. Molti i civili di ogni età colpiti da fuoco amico, nemico, diretto o indiretto, a causa sia della Forza ISAF che degli Insorti. Il mercato dell’oppio non è stato debellato anzi le truppe si guardano bene dal distruggerne le piantagioni. Il primo ministro Karzai non ha fatto mistero nel dichiarare che è ora di trattare con i Talebani invitandoli a costituirsi formazione politica per negoziare con loro. Solo il 40 percento degli Italiani, approva e conosce a grandi linee cosa fanno i Nostri. Da più parti si dice che il mancato successo dell’operazione è dovuto alle difficoltà di comunicazione tra Forza ISAF ed il popolo Afghano. Ed allora perché non far decidere a Questi il proprio destino. Forse non é troppo tardi, formulare una semplice ed esplicita domanda tradotta in lingua pastun. Un foglio a parte del certificato elettorale. da distribuire con le schede in occasione delle prossime consultazioni. Sotto forma di una domanda, come ad esempio, volete Voi che le Forze Straniere coadiuvino e restino nel Paese per contribuire al processo di consolidamento delle condizioni di vita, sociale, di sicurezza, benessere, nel rispetto delle tradizioni, consuetudini e credi religiosi. Seguito da due caselle per altrettante risposte, il SI o un NO. Un utopia, forse, certo andrebbe concordata tra i Tutti i Paesi aderenti alla NATO e tra quelli PfP( Partnership for Peace). Sarebbe una delle poche strategie tipo crociata di Federico Secondo di Svevia. Un compromesso con nessun vincitore o vinto, a significare una motivazione ulteriore per le vite a rischio di Tutti i Soldati, in caso di risposta affermativa. Al contrario il rifiuto, nobiliterebbe il ritiro perché rispetterebbe la sovranità del popolo Afghano. In quanto ai Nostri Militari, in quest’utimo caso, non si pensi di risolvere così i problemi dei costi fino alla mera soglia dello stipendio. Costringendoli in guarnigione, tipo fortezza Bastiany(“Il deserto dei Tartari” Dino Buzzati n.d.r.), a spese di formazione, addestramento e quant’altro serve al loro mantenimento in efficienza. Le Forze Armate e l’Esercito non fa eccezione, non sono società per azioni(Churchill). Venderle quando il prezzo sale, comprarle quando scende, come giocare in borsa, alterando il ritratto dell’Italia.

Riccardo Diasparro

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