IN MERITO ALLE PERPLESSITA' DEL SEGRETARIO DI STATO SIGNORA CLINTON

Non sono d’accordo sull’opinione della Signora Clinton, segretario di stato, in merito alla perplessità di dialogo con gli Stati Uniti. Il problema interno che l’Iran stà vivendo, deve essere considerato intrinseco come un travaglio storico per quella Nazione. Qualunque riserva può essere pregiudiziale per il futuro. Se come spesso accade di sentire, Washington considera l’avvio delle trattative con il governo Iraniano un passo alla soluzione del problema Medio Orientale, a mio avviso è fuori strada. Il problema del nucleare deve essere visto in chiave mondiale. L’Iran deve sentirsi grande tra i grandi, in un consesso dove siedono le maggiori potenze e non solo del G8, ovvero quelle che costituiscono il G20. In questa sede con India, Pakistan e Corea del Nord, si devono trattare le ragioni di ciascuno al possesso delle armi atomiche. Sovente è la paura di essere soprafatti quella che spinge all’egemonia del nucleare alcune Nazioni. L’uomo si sa teme l’ignoto ed i governi che siedono in Paesi come quelli in causa, non fanno eccezione. Per l’Iran è il timore che Israele possa intervenire, il continente Asiatico invece attraversa un periodo storico nel quale ogni avvenimento può essere imprevisto. A questo, per l’India e Pakistan, si aggiunga la vecchia disputa del Kashmir. Negoziare è la parola d’ordine, sciogliere l’ansia che attanaglia le popolazioni. Analizzare l’origine e la causa del panico può aiutare a risolvere il dilemma del nucleare. Non si pensi che il governo successore di quello attuale in Iran, metta dei fiori nei propri cannoni. Al contrario potrebbe essere più nazionalista del precedente. La Storia riporta esempi del passato, per evitare le rivoluzioni( vedi la Russia, nell’avvento della prima guerra mondiale) si muoveva in guerra per impegnare il popolo e tenere sotto controllo gli elementi scomodi. Quello che poi avvenne nell’Unione Sovietica, lo conosciamo in parte perché tutti gli archivi non sono ancora stati resi pubblici. Pertanto Signora Clinton, non mettiamo limiti alle relazioni. Piuttosto assumiamo un atteggiamento asettico, una parola oggi può giovare o pregiudicare il dialogo di domani. Certo nella guerra di secessione Americana nessuno poteva prevedere un futuro così democratico agli Stati Uniti d’America eppure oggi lo constatiamo con la realizzazione del sogno di Martin Luther King, Barak Obama, Presidente. Certo mancava la mediaticità di oggi all’epoca della guerra di secessione Americana che riportasse in “real time” carneficine tra Confederati e Nordisti, oppure quelle sostenute dall’Esercito ed i Pellerossa, spinti a forza nelle riserve..

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